martedì 3 settembre 2013

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Saragei Antonini
Egregio signor Tanto
Con  prefazione di Giovanna Iorio

ISBN 978-88-897224-96-9 - pp. 64,  € 9,00    (- 20% dal sito per ordini di almeno 20 € complessive) - Richiedere a info@edizionicfr.it




[...] Il mare è anche metafora del moto perpetuo delle onde che riportano gli oggetti alla deriva. Come una vecchia sedia, ritrovata per strada, sul marciapiede e che chiede di tornare a casa. Una sedia “instabile come un umore / non in grado di reggere una schiena”. Ma una sedia necessaria, per fermare le nuvole e i sogni sulla carta.
I pensieri devono a volte diventare di legno “per superare l'inverno”, la sedia torna a casa a fatica, sale le scale “come una santa / l'ho pulita / le ho avvitato ossa alle ossa / e l'ho messa nell'angolo più balbuziente (…).” Dietro a una finestra troviamo ad aspettare anche il tavolo, il foglio e le parole che tentano di dare forma al vuoto (e per questo balbuzienti).
Nella casa del vento il mondo si salva proprio nell’attimo in cui il buio minaccia di inghiottirlo. Dietro alle tende si nasconde un occhio capace di scorgere legami inaspettati fra le cose, e fra esse e l’uomo. Perché scrivere è: “Una notte ad occhi aperti”, parlare con “tutte le luci possibili / anche solo quelle fuori / / la lingua dei lampioni / il vocabolario breve di una lampada.”
Scrivere è una notte che illumina il mondo. Queste poesie "sanno aprire la mancanza / come una noce". Sanno "stare in una mano" per essere "sgusciate con cura". Sanno essere leggere mentre tutto tende a diventare pesante, di pietra. [ Giovanna Iorio]

C'è qualcosa di misterioso nella parlata siciliana, nell'eloquio, non nella lingua in sé e dunque anche quando un autore o un'autrice siciliani (non tutti, ma molti) scrive in lingua, come in questo caso. C'è una intelligenza delle cose, una sapienzialità innata che radica l'uomo alla natura, ai paesaggi, alle forme, c'è una diretta corrispondenza, significata da lampi di allusioni, fra modo di dire e modo di essere, fra realtà e verità. Un lampo, appunto, che apre scenari che subito svaniscono, che crea percorsi sinaptici che possono essere rafforzati e resi sicuri dalla continua frequentazione della lingua popolare ma anche dei classici, a cominciare dal Verga che, al di là  del genere letterario, del contesto, della diversissima poetica e quant'altro, qui in qualche modo fa capolino, proprio in questa parlata e nella sua intelligenza poetica. Ma forse a Catania tutti  parlano così: non  saprei. Sta il fatto che questo eloquio smuove corde profonde ed è capace di unire la concretezza quasi ruvida dell'esperire quotidiano con l'allusione al sentire che trascende e cerca la dimensione del senso.
Questa è la piacevolezza di questa lettura, la "sicilianità" concreta e incantata dei versi di Saragei Antonini che, raccolta dopo raccolta, sta rivelando una solida e delicata poetica. [G. Lucini]



è vento di Inoltre –
non distingue i pensieri dalle foglie
la pioggia dai capelli bianchi –
primo fiato d’autunno
seconda vertebra del magro che si prepara
non ha chiaro nulla
nemmeno tutte le dita –
palpebre cucite:
con il peso di un nano
copre il cielo –
con la larghezza del sano
cresce a freddo.


*

la sedia su cui siedo –
l'ho trovata
un mattino d'inverno
sul marciapiede –
vuota come una casa
instabile come un umore 
non in grado di reggere una schiena –
ho fatto subito pensieri di legno
quelli che si fanno per superare l'inverno –
così l'ho portata a casa
l'ho salita per le scale come una santa
l'ho pulita
le ho avvitato ossa alle ossa
e l'ho messa nell'angolo più balbuziente –
da allora
stiamo vicine
alla luce più incerta
davanti al tavolo più pesante
e la mia schiena è diventata credente.


*

ti sei fatta grande –
quasi non ti riconosco –
le somigli dagli occhi
da come apri e chiudi le finestre –
ti piace guardare fuori
ti piace pensare che in una mano
ce n'è un'altra –
ti sei fatta una stanza
né piccola
né buia –
poche cose
e tutte fai parlare –
a tutte leggi il futuro
e fai una bella copia del passato –
il tuo orecchio rimane un cassetto
di un vecchio tavolo
bianco come le sue sorelle pareti –
sappiamo entrambe che non uscirà mai
da questa casa
che il sole glielo racconti tu
e che la notte la vuole dolce
con il miele di una lampada accesa –
un cucchiaino di presente.


*

sono lieta di sapere, dalla sua lettera di anni, che ha trovato finalmente, una stanza al buio tutta per sé –
in pieno centro, da quel che mi scrive –
immagino così possa proseguire i suoi studi sul canto – interrogarsi, quando il sole è alto, sul disincanto –
al riguardo non posso più esserle d’aiuto – le nostre conversazioni hanno dentellato le nostre direzioni
e oggi siamo in possesso di chiavi che aprono a voci che non si aspettano –
le auguro di sapere quando cominciare e di non ritrovarsi nel poco – ne hanno sempre sofferto le sue mani –
e spero di rincuorarla dicendole che alle ossa non ha nessuna malattia –
e nemmeno agli occhi –
mi chiede se è in grado secondo me di prendere e dare –
ne è in grado – ma le invio il referto dell’udito –
pare lo abbia del tutto perso e, suppongono, per un amore pochissimo – al punto che tutt’oggi è impossibile
cercarglielo dentro –
non esiste nemmeno una cura al riguardo – non la reggerebbe –
escludono anche una trasfusione di senso –
al momento non esiste abbastanza sangue solo per lei –
dunque,
prego perché resti così com’è e se ne faccia tanto una casa –
un mondo – un’abbondanza nella biblioteca di Dio.





Ringrazio Giovanna Iorio e Gianmario Lucini per aver accolto l'Egregio signor Tanto!






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4 commenti:

  1. egrega signorina Assai, sono a dirle che ogni giorno io perdo un poco di fiducia in Tutto, nella scrittura persino, che è casa in cui sono ospite e a cui sempre torno, ed è una casa in cui credo, tetto e tutto, anche se non so se lei crede in me, poi però leggo questo Tanto e allora si riformano le forme, come le sabbie colpite da onde, leggere crespature ritrovo nel cuore, gonne, sottovesti, cose tutte di stagione, di fattura ottima e, niente, per dirle che lei Assai mi rin-cura.

    (presto lo compro e lo metto accanto al letto)

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  2. egragia mia cara. tu vali la penna e la pena di alzarsi. sollevata dalla tua bellezza, ti bracio. Dora.

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  3. lieto, lietissimo evento
    :-)

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